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Se un padre e una madre tornano adolescenti

Se i genitori sono degli eterni adolescenti come fanno i ragazzi e le ragazze a crescere e a diventare adulti? Se padri e madri sono insicuri e in perenne crisi, come possono essere un punto di riferimento per i propri figli? Sono queste alcune delle domande cui cerca di rispondere Massimo Ammaniti nel saggio La famiglia adolescente ripartendo dal concetto di adultescenza che, apparso negli Stati Uniti già negli anni Ottanta, ha poi avuto un notevole successo designando ormai anche in Europa quelle persone adulte per età, ma ancora adolescenti nel modo di vestirsi, negli atteggiamenti e negli interessi.

Per Ammaniti, la famiglia di oggi sarebbe una “famiglia liquida”, come direbbe Zygmunt Bauman, ossia non solo una famiglia in cui si sta sempre insieme e si condivide tutto, ma anche una famiglia in cui gli adolescenti, quelli veri, non troverebbero alcun aiuto per affrontare le complessità della vita. Certo, l’adolescenza dei figli continua ad essere vissuta dai genitori come un periodo delicato, che irrompe nella vita familiare costringendo i genitori a confrontarsi con figli sempre alla ricerca di sensazioni forti e che, talvolta, finiscono col mettersi in pericolo. A differenza del passato però, quando il modello familiare era più rigido ed esisteva un’etica del dovere, oggi non ci sarebbe più alcuna capacità da parte dei genitori di arginare crisi e sbandamenti dei propri ragazzi.

Come si può aiutare un figlio quando si è ancora insicuri e si preferisce il ruolo di “madri-sorelle” o di “padri-fratelli” piuttosto che quello di guide e di consiglieri?

“Nell’immaginario, la famiglia è un luogo positivo, che dà protezione. In realtà io credo che, perché sia definita “famiglia”, le costanti debbano essere solo due
Numero uno: Il genitore deve favorire l’attaccamento”. E, per spiegarmi che cosa sia, cita Lorenz e le sue paperette che lo seguivano dappertutto. L’attaccamento, spiega Trionfi, è essenziale per la specie umana perché organizza il pensiero e gli affetti. Quel marasma di affetti che si hanno dentro, attraverso la relazione di attaccamento con il genitore diventano pensiero e il pensiero dà loro una forma, ne rende comunicabile l’espressione.

Numero due, la famiglia deve favorire la possibilità di creare un’identità sociale adulta. La famiglia è il luogo dell’esercizio delle capacità sociali. “La difficoltà nasce dal fatto che oggi, diversamente dal passato, il mondo cambia così velocemente che i genitori devono esercitarsi a spiegare ai figli come fare cose che non sanno fare, cose che loro stessi non hanno mai fatto. E’ una capacità che per esempio hanno gli allenatori, perché usano delle meta competenze: si tratta di andare sulle questioni generali, di usare l’esempio come parabola, di trasmettere concetti come complessità, onestà, l’equilibrio nella relazione, il contatto con sé stessi, insegnare non a fare ma ad apprendere.

“In una famiglia che diventa un sistema democratico, la norma si declina a partire dalla prassi. Non esiste più una legge assoluta nelle famiglie, e piano piano sempre meno anche nella giurisprudenza. L’unica regola assoluta rimane quella di osservare gli accadimenti e da lì decidere che cosa fare per la famiglia”. In questa fase di transizioni, le madri sono spesso normative anche con i padri: se il padre interviene senza sintonizzarsi con la madre, fa delle cose che non funzionano perché non sono in sintonia con quello che sta vivendo il figlio.

Si potrebbe quindi dire che la famiglia liquida naviga quindi a vista: le vele sono i valori condivisi, il vento l’attaccamento che rafforza e disciplina le emozioni, e le norme sono miti perché devono accogliere una realtà che cambia continuamente, che ci definisce e ridefinisce senza sosta. Ecco perché mancava il libretto di istruzioni…

Da un intervista del Il sole 24 ore